Hai tre opzioni.
La prima: ti dirigi verso nord, passi da Pombal e in due giorni sei a Coimbra. Non disponi delle mappe ma la via è segnata e molto frequentata.
La seconda: vai verso est, segui il percorso della guida fino a Tomar e dopo quattro giorni sei a Coimbra.
La terza: vai sempre a Coimbra in quattro giorni ma per arrivare a Tomar rinunci alla guida e ti affidi al consigli del custode di Fatima.
Cosa scegli? Ovviamente la tre.
La fortezza dei templari merita il viaggio. La passeggiata sulle colline è fantastica. I pompieri mi hanno messo a disposizione una sala enorme proprio sopra la rimessa dei camion. Ogni mezz'ora si sente suonare una sirena.
domenica 25 settembre 2016
Quinto giorno
sabato 24 settembre 2016
Quarto giorno
Furio ha tre anni, fa yoga tutte le sere e dice frasi in un inglese degno di Alberto Sordi. Furio è anche un dei migliori amici di Pesca.
L'amicizia tra maschi e femmine a tre anni funziona più o meno così.
Furio, con entusiasmo: "Giochiamo a (X)?"
Pesca: "No".
Furio, spazientito: "Giochiamo a (Y)?"
Pesca: "No".
Furio, ormai prossimo alle lacrime: "Giochiamo a (Z)?"
Pesca: "No".
Seguono attimi di panico.
Pesca: "Giochiamo a (X) con le regole di (Y) ma facendo finta che sia (Z)".
Furio: "Ok! Denkiùverimesc!"
Accompagnare Pesca al parco rientra tra i miei compiti di zio-in-carriera. Non disponendo di un omologo, Furio si accontenta di andare al parco con la nonna. Di conseguenza, una volta deciso a cosa giocare, a me e alla nonna di Furio non resta che sederci sulla panchina, vigilare che i due non si facciano troppo male e fare chiacchiere di circostanza.
Così ho scoperto che la signora ha un passato da sindacalista e un presente da cintura nera di pellegrinaggi (in pullman, sia chiaro).
La nonna di Furio è stata a Lourdes, a Santiago, in Vaticano, a Oropa, Loreto e Sotto il monte. Ma non a Fatima. Io invece sì. E la prossima volta che ci vedremo al parchetto sarà invidiosissima perché ci sono pure tornato (e dopo più di vent'anni devo dire che è cambiata in meglio, e che non sembra più un luogo pieno di dolore e sofferenza).
venerdì 23 settembre 2016
Terzo giorno
Da quando mi sono iscritto al Programma MilleMiglia in cui si vincono vesciche, storte e scottature, mi è capitato di dormire nei porti più diversi: albergue, conventi, monasteri, case private, castelli quasi in rovina, stalle e porcili riconvertiti, casette prefabbricate, sacrestie, chiese sconsacrate, fattorie fortificate, case cantoniere, installazioni della protezione civile, sedi della misericordia, oratori, palestre, seminari, hotel, bed&breakfast e agriturismi. Mi mancano i campeggi solo perché non vado in giro con la tenda. E le caserme, ma questa è una lacuna a cui vorrei porre rimedio nei prossimi giorni. Insomma, credevo di aver visto ormai tutto, compresa la casa scavata nella parete di una montagna. E invece no. Questa notte, infatti, la passerò in un museo all'interno di un parco naturale e gestito da una società elettrica (forse faccio il triplo dei punti). E siccome il concetto di lusso è decisamente personale e ognuno ha il suo, visto che se me sono andati via tutti e sono il signore incontrastato della zona ospiti, invece di usare uno dei quattordici letti che mi hanno gentilmente offerto, credo proprio che mi godrò questo fantastico linoleum color polenta.
giovedì 22 settembre 2016
Secondo giorno
Per quanti programmi si possano fare, c'è sempre qualcosa che potrebbe non andare per il verso giusto (versione edulcorata della legge di Murphy). Più passa il tempo, e più mi sorprendo della gentilezza e dell'ospitalità portoghesi. Avrei dovuto passare la notte a casa di Elena. Purtroppo c'è stato un problema e qualcuno si è preso il mio letto. "Scusa, scusa, scusa. Sono dispiaciutissima. Se vuoi, ho un'altra casa in cui puoi dormire". Doveva essere una giornata tranquilla, 35 kilometri e poi la spiaggia in riva al Tejo. L'altra casa è fuorimano e complica i miei progetti per domani. L'unica alternativa è proseguire fino a Santarém. Si passa da 35 a 53 kilometri. Potenza della cabala: inverti le cifre e moltiplichi la fatica. Tra qui e là non c'è nulla, solo l'argine del fiume e i campi. Pomodori per lo più, ma anche qualche vite. Niente alberi, al massimo un canneto ogni tanto. E nessun posto in cui fare scorta di liquidi. Elena si sta ancora scusando. Le rispondo che non c'è problema e mi rimetto in cammino. Quattro ore più tardi vengo adottato da Maria che mi prepara il bacalhau come piace al suo bambino (un marcantonio pieno di ricci che è stato campione europeo di sci nautico) e mi intrattiene in un portoghese fitto fitto che ogni tanto mi dà alla testa. Le vorrei dire che "sono un po' stanchino" ma 1) temo che questo le possa indurre uno stato di ansia materna dalle conseguenze imprevedibili e 2) non vorrei pensasse che noi italiani siamo persone fredde e distaccate. Così mi metto comodo, shakero alla meno peggio la lingua di Camões con quella di Cervantes, e un po' rimpiango la casetta in riva al fiume della desolatissima Elena. Ma solo un po'. Domani me la prendo comoda. Forse.
mercoledì 21 settembre 2016
Primo giorno
Io e Super spesso ci troviamo a fantasticare su come sarebbe aprire un albergo, un bed&breakfast o una casa vacanza. Mariano, invece di fantasticare, lo ha fatto per davvero. "Lavoravo in Scozia. Facevo tutt'altro. Ogni tanto tornavo a trovare i miei genitori qui in Portogallo. Un giorno mi sono accorto che stavano diventando vecchi". Così è rimasto, ha chiesto consigli a una amica e lei gli ha indicato l'albergo più malfamato della città, accanto alla stazione. "Avrei potuto lasciare tutto così come era: clienti da 15, 30 minuti al massimo. Un via vai continuo. Erano soldi facili, ma non faceva per me". Così ha chiuso l'albergo per sei mesi, e ha lavorato sodo per eliminare ogni traccia del passato. Ogni tanto con l'aiuto di qualche operaio, il più delle volte da solo, come per la scala di legno all'ingresso, ogni gradino una forma e un colore diverso. "Sono due anni che non vado in vacanza. In tasca non ho nemmeno un euro. Questo posto è la mia vita". Si guarda intorno. Tira un sospiro. Poi si lascia scappare un sorriso "La prima settimana è stata un incubo. Non sapevo dove mettere le mani. C'erano i letti da fare, i bagni da pulire, le camere da riordinare. Mi stavo per arrendere. Solo che arriva questa cliente, una signora olandese, di quelle che viaggiano con lo zaino sulle spalle, e mi dice che nella vita bisogna dare se si vuole ricevere. È rimasta per quindici giorni, mi ha insegnato tutto. Praticamente mi ha salvato". La prossima settimana Mariano monterà la nuova insegna. A quel punto la trasformazione sarà completa. Mi versa tre mestoli di zuppa in un piatto e continua a parlare. Io me ne sto in piedi, sulla porta, cercando di non ustionarmi la lingua e mentre lo ascolto mi dico che probabilmente non avrò mai il coraggio di fare quello che ha fatto lui.