martedì 25 novembre 2008

Cronaca in diretta differita

Oggi, tra una cosa e l'altra, dovrei aver qualche minuto di tregua (almeno fino alle 14 perchè poi ho un appuntamento). Nel frattempo, vorrei dire a chi già sa tutto, che questa mattina ho bussato alla porta del medico. Gli altri dovranno aspettare i dettagli. Il poster d'annata con l'omino che corre è un tocco di classe (e me lo dico da solo). STAY TUNED!
AGGIORNAMENTO: Enrico*, scusa, il mio impegno di ieri si è trasformato in una sette ore di inferno contabile. E adesso il medico si è finalmente deciso di ricevermi dicendo "Venga pure, tanto poi deve andare da un chirurgo" (meraviglie della sanità lombarda!). Purtroppo non sono veloce come Insy e Cooper, ti devi rassegnare.
Prendete un circo a tre piste, aggiungete quel tanto di sagra paesana, spruzzateci sopra le immagini finali del Giro d’Italia e shakerate il tutto con molto ghiaccio. L’atmosfera davanti al Castello è più o meno questa. C’è tanta musica, palloncini colorati, striscioni, transenne, gazebo, telecamere e -soprattutto- migliaia di persone mezze assiderate. C’è chi fa stretching un’ora prima della partenza, chi corre avanti e indietro per riscaldarsi, chi cerca il deposito delle borse e chi si mette in posa per i fotografi. Ci sono gruppi sportivi, comitive di amici, lupi solitari e onesti padri di famiglia scortati da mogli e figli adoranti. Quelli più sgamati, quelli che ci sono già passati, si riparano dal freddo sotto tute da imbianchino, fogli di alluminio o strati di plastica. Gli altri, i neofiti come me, si frizionano ogni due minuti e battono i denti.

Si entra nella gabbia in base al numero di pettorale che -a sua volta- dipende dalle performance precedenti. WonderWoman, in quanto maratoneta titolata, viene fatta accomodare in un settore intermedio. A me, invece, tocca stare in fondo. Venti minuti alla partenza. Vengono tolte le divisioni fra i settori e il gruppo si compatta. Quindici minuti. C’è a stento lo spazio per allacciarsi le scarpe. Dieci minuti: chi può togliersi qualcosa di dosso lo fa. Tute, maglie, coperte e sacchetti vengono lanciati fuori dalla gabbia. Cinque minuti: partono gli atleti diversamente abili. Quattro. Tre. Due. Uno. Via, comincia la maratona. Almeno per chi sta davanti. Nelle retrovie si resta fermi. Poi, si viene catturati da uno strano movimento collettivo che si fa marcia leggera e diventa corsa appena passati sotto il grande arco rosa.


Ripasso i numeri. Otto, cinque, venticinque, ventotto, quarantadue, quattro e centocinque. Traduzione. Ci sono otto punti ristoro. Ciascun punto dista cinque chilometri dal successivo. Devo passare da uno all’altro in venticinque minuti (ventotto se qualcosa va storto). In questo modo, farò quarantadue chilometri in meno di quattro ore e saranno passati esattamente centocinque giorni da quando ho ripreso a correre fuori della palestra. Sette anni confinato dal medico sul tapis roulant e 105 giorni soltanto per buttarmi in mezzo a questa folla d’invasati. Mi sa che nemmeno io ho tutte le rotelle a posto.

È dai tempi della Stramilano che non partecipo a una gara su strada. E per Stramilano intendo quella dei 50.000: appuntamento con gli amici davanti all’Upim di Loreto, canzoni cantate a squarciagola, pallone per giocare a volley, incetta di bibite e brioche in Viale Tibaldi, concerto all’Arena e spaghettata finale nella prima casa libera. Insomma, nulla di paragonabile.

Qui la gente è concentrata. E c’è un solo rumore. Thud, thud. Diecimila piedi che battono all’unisono. Thud, thud. Ognuno ha la sua falcata, ma il ritmo è lo stesso. Thud, thud. È un suono ipnotico con un che di rassicurante. Thud, thud. Cinquemila teste che ondeggiano sui Bastioni di Porta Nuova. Thud, thud. Raggiungo WonderWoman, la sua coda da ragazzina e l’iPod infilato nei capelli. Thud, thud. "Ci vediamo all’arrivo. Divertiti!"...

Incrocio i keniani in Corso Venezia. Hanno già fatto il vuoto alle loro spalle. La gente per strada incita gli italiani all’inseguimento. La curva in Piazza Meda è da suicidio. In Piazza Duomo ci sono turisti giapponesi armati di telecamere e macchine fotografiche. Ripensandoci, mi rendo conto di aver visto i turisti, la gente, gli addetti al percorso ma non il Duomo. Eppure, non è così piccolo.


La maratona non è il modo migliore per rimorchiare. Mi ero illuso di poter incontrare uno splendido ortopedico con la passione per la corsa e un ricco conto in banca. Ci saremmo visti, piaciuti, incoraggiati e fatti compagnia fino al traguardo. Poi lui (perché io sono timido) avrebbe proposto di rivederci dopo qualche giorno per un’allenamento a due. Niente numeri di telefono, e-mail o contatti su messenger. Solo un appuntamento in un certo parco a una certa ora. Possibilmente prima dell’alba perché è più romantico.

Niente da fare. Magari intorno a me hanno tutti una laurea in medicina e chirurgia, ma non c’è modo di appurarlo. Peggio ancora: vedo solo spalle e lati B. Alcuni sono decisamente ben fatti, ma cosa bisogna inventarsi per apprezzare il resto? Non posso mica affiancarli e correre con la testa ruotata di novanta gradi sperando che i nostri sguardi si incrocino e scoppi l’amore.

Un attimo... Quella combinazione di spalle e lato B mi sembra piuttosto familiare. Verifichiamo... Altezza, capelli, profilo (quel poco che riesco a vedere senza inciampare): coincide tutto. Sì, è proprio lui. Per comodità lo chiameremo QuelloFigo. Si allena spesso sul tapis roulant davanti al mio (ecco perché sono in grado di riconoscerlo dal fondoschiena) e ci incontriamo sempre nei posti più strani: al concerto di James Blunt, nel Food Market della Rinascente, qui... Purtroppo, non rientra nella rosa dei papabili (lavora in banca, o qualcosa del genere, e ha la ragazza). Resta comunque un belvedere e riusciamo pure a scambiarci qualche parola.

Al quindicesimo chilometro mi impossesso di due mezze banane pensando che siano biscotti (velocità e problemi di vista sono una pessima combinazione). Da non so dove, mi spunta una terza mano che afferra un bicchiere di Polase on the rocks. La miscela è esplosiva: arrivo al traguardo di metà gara in netto anticipo sulla tabella di marcia. Momento di gloria. Perché non c’è Vangelis in sottofondo?


Da qui in poi è tutta discesa, no?

Davanti a me c’è Francesco Arone, completo bianco, calzoni corti e piedi nudi. Bikila è tornato e abita a Torino. Io non arrivo in bagno senza le mie scarpe farcite d’aria. Lui avanza tranquillo, parla con un amico e neanche si accorge dell’asfalto gelido, del pietrisco a bordo strada o delle schegge di vetro rimaste dopo un incidente. Non chiedetevi perché si infligga un tale supplizio. Se corre scalzo vuol dire che gli piace. Va bene così. E poi, cos’è che spinge gli altri cinquemila? Io, ad esempio, che ci faccio qui? Perché non sono rimasto a casa, al caldo, sotto le coperte? Perché ho bisogno di vedere intorno a me questo serpente umano? Perché partecipo a una gara che so di non poter vincere?

Nulla riesce a farti sentire tanto maschio come un completino aderente in misto lycra. È la divisa ufficiale dei supereroi, dei mimi, della nazionale australiana di nuoto e di Brian&Garrison nella sigla di "Fantastico 4" (quella con Heather Parisi che canta Ceralacca). Comunque, col freddo che fa, c’è poco da protestare. La sweat ufficiale poteva essere mezzo millimetro più spessa. La vecchia calzamaglia, invece, è semplicemente perfetta. In realtà, si potrebbe dire che è nuova. L’ho usata solo quella sera al parco, tanti anni fa. Nevicava: io correvo, XXX mi seguiva in bicicletta. Pochi giorni dopo mi hanno detto che avevo le cartilagini da buttar via. Sembra passato un secolo.

Lorenteggio è il paradiso. Finalmente si vede qualche raggio di sole. La corsia è larga. Non ci sono curve. Viene voglia di andare veloci, di sorridere alla gente sui marciapiedi, di accodarsi a qualche gruppo sportivo.

In via Koch comincia l’inferno. Beep. Si accende una spia. Beep. Un’altra. Beeeep. Il dolore è pazzesco, parte dalla punta del piede sinistro e arriva fino al cervello. Ci sono luci rosse che lampeggiano dappertutto.

L’unghia mi si è appena strappata dall’alluce. Zac, di netto. Un male atroce.

Cerco di compensare. Stringo i denti. Carico tutto sul destro. Non funziona. Anzi, diventa anche peggio. Rallento. Cammino. Al chilometro 27 mi fermo. Dalla bocca escono imprecazioni e nuvole di fumo. Tolgo la scarpa. C’è una chiazza rossa in cima alla calza. Massaggio il piede. Sistemo il plantare. Infilo e riallaccio. Ripeto l’operazione con la scarpa destra. Ho perso almeno cinque minuti. Ricomincio a correre.

Arriva QuelloFigo. Mi vede arrancare. Dice "staffetta". O "disfatta". O "disdetta". Non lo so, non sono sicuro. Ormai anche le orecchie mi funzionano male. Troppi beep. Gli rispondo che non penso di farcela. Lui è già due passi avanti, poi qualche metro. Rallento ancora un po’ e lo lascio andare. Diventa un puntino lontano.

Cammino. Guardo per terra. Cento metri di corsa, altri cento zoppicando e avanti così fino al punto ristoro e al terzo rilevamento.

Due ore, ventotto minuti e venticinque secondi. Non vale. Stavo andando proprio bene. E nonostante tutto, anche dopo essermi fermato, anche avendo camminato per un lungo tratto, ho ancora cinquanta secondi di anticipo rispetto al previsto. È ufficiale: continuo.


In un modo o nell’altro, arriverò in fondo a questa maratona.

Non sono l’unico a soffrire. Ci sono altri che non riescono più a correre. Ci guardiamo senza parlare. Su ogni viso è dipinta una smorfia di dolore. Sono sicuro che c’è anche sul mio. Ogni tanto, incontriamo le giacche blu dell’organizzazione. Sono uomini, donne, ragazzi. Vigilano sul percorso. Fermano le macchine per lasciarci passare. Sorridono, battono le mani, ci incitano a non mollare. Mi domando se siano dei volontari o se vengano pagati per farci questa iniezione di umana solidarietà. Uno di loro, in bicicletta, ci accompagna sul lato ovest del Parco di Trenno, quello dei campi e delle cascine, con le Alpi innevate a segnare l’orizzonte. Ci accompagna e dice che non ci dobbiamo fermare. Che dobbiamo andare avanti. Che ormai il più è fatto. Mente, ma gli crediamo lo stesso.

Ho le gambe rigide. Il piede sinistro grida vendetta a ogni passo. Li conto questi passi: così, per distrarmi, per pensare ad altro. Arrivato a duecento, provo a correre ma non resisto a lungo. Ricomincio a trascinarmi. Le scarpe stanno diventando un supplizio. Devo farmi da parte per cercare di sistemarle. Slaccio, tolgo, aggiusto, stringo. Nel mentre, arrivano i pace maker delle tre ore e mezza. È il mio sogno di gloria che mi sorpassa e grida "Ritenta, sarai più fortunato".

Riparto. Mi fermo di nuovo. Terza stazione dolorosa, come nella Via Crucis. Ancora due e incontrerò il Cireneo. Finalmente indovino l’allacciatura meno traumatica. Tra poco, WonderWoman mi supererà con un sorriso beffardo. Posso già sentire il suo fiato sul collo.

Al trentacinquesimo c’è il tè caldo. Uno dei pace maker delle tre ore e quarantacinque non ce la fa più, si arrende. Chi lo seguiva lo guarda sgomento: traditore! Lui è esausto, scrolla le spalle, indica i suoi colleghi. Sembra dire "Vi ho portato fin qui, adesso ci pensano loro a farvi arrivare. Andate, andate tranquilli".


Dopo il cavalcavia del Ghisallo, la città ricomincia a crescere. Niente più prati ma case. E molta più gente per strada. Signore di ritorno dalla messa, signori incappottati, bambini che si sporgono e allungano le dita sperando che tu voglia sfiorarle con le mani.

È una situazione surreale. Qui non ci sono più campioni: solo quattro disgraziati, maratoneti della domenica come me. Eppure, noi facciamo finta di essere atleti veri, diamo il cinque a chi ce lo chiede; loro, in cambio, fingono di essere i nostri tifosi, di essere rimasti là solo per noi. Surreale, ma bello.

Il gelo funziona da anestetico. Oppure è la mia soglia del dolore che si è alzata. Riesco di nuovo a correre. Arrivo al Portello, all’enorme buco che spazia fino a City Life. Scommetto che tra pochi anni la maratona passerà in mezzo alle Tre Torri. Magari si spingerà anche a nord, su, fino ai cancelli dell’Expo.

Corso Sempione. Non ci credo. Manca poco. Si vede l’Arco della Pace, impacchettato come un’opera di Christo e Jeanne-Claude. Si vede il parco, il Castello, la Torre del Filerete. C’è un punto ristoro attrezzatissimo, con tanto zucchero e frutta secca, energia istantanea per lo sprint finale.

In Melzi D’Eril, c’è uno scatto d’orgoglio collettivo. Tutti cercano di recuperare qualche secondo prezioso. Una signora estrae il cellulare e inizia a parlare freneticamente: "Sto arrivando: sono al civico 32, al 30, al 28...". C’è persino chi ha già tagliato il traguardo ma è tornato indietro a prendere un amico e adesso lo scorta verso l’arrivo.

Ultimo chilometro. Lo faccio tutto di corsa. Punto una persona davanti a me. Mi dico che devo raggiungerla. Poi tocca a un’altra e a un’altra ancora. In accelerazione. Cinquecento metri. Duecentocinquanta. Cartelli sempre più ravvicinati. Folla, musica, casino e... centomila punture di spillo. Un crampo, a cento metri dall’arrivo, perché la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Fanculo! Quando ci vuole ci vuole.

Taglio il traguardo. Una ragazza mi viene incontro con una coperta di stagnola. Allarga le braccia, mi stringe e dice: "Tranquillo. È finita". Super e Fosca scattano foto attraverso le reti. Inizio a tremare. Datemi del tè caldo, una brioche, delle arance, una mela, qualche pezzo di banana, zucchero, yogurt, sali minerali. Non importa cosa avete: mangio tutto, bevo tutto. È finita!


WonderWoman si è ritirata al ventesimo chilometro col cuore impazzito per il freddo. Due elettrocardiogrammi alla tenda della Croce Rossa hanno stabilito che non doveva preoccuparsi.

Il Grigio ha abbandonato dopo la mezza. A distanza di tre giorni, sorrideva ancora come un bambino in un negozio di dolciumi e faceva progetti per l’anno venturo: "Dobbiamo tornarci. Troppo bello. Dobbiamo rifarlo". Ovviamente, era già sul tapis roulant.

QuelloFigo ha fatto la mezza in 1:40:30 e chiuso la maratona in 3:26:44 (nuovo record personale). Ogni volta che mi vede si avvicina e attacca a parlare, prima si limitava a salutare (sono cose...).

Degli altri volti più o meno noti non ho notizie particolareggiate. (Susanna Messaggio è arrivata un istante prima della squalifica, molta gente dubita)

Io sono molto contento.


Il chirurgo si è rifiutato di rimuovere completamente l’unghia. Adesso mi ritrovo con questa cosa nera al posto del ditone. La mattina fa proprio schifo, verso sera migliora.

La Gazzetta non l’ho comprata: devo smettere di cercare sicurezza negli oggetti. Anzi, devo cominciare a eliminare un po’ di roba.

Secondo GoogleMaps il tracciato misurava quattrocento metri più del previsto.

Meno di 24 ore più tardi ha cominciato a nevicare. Viene in mente l'immortale Aigor.


Visualizzazione ingrandita della mappa
Distanza:42,195 km
Tempo:3 52' 51''
Velocità media:10,87 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:1.307,095
km corsi negli ultimi 12 mesi:2.040,302

Il countdown è ripartito... Manca poco.

domenica 23 novembre 2008

Quasi pronto

Barba fatta. Capelli tagliati. Borsa riempita. In questo momento ci sono 2 gradi e una falce di luna che sembra uscita dalle Mille e una notte. Devo ancora mangiare. E decidere cosa mettermi. Calzamaglia nera che non lascia nulla all'immaginazione o calzoncini corti ma discreti? Maglia arancione o sweat ufficiale? Il piede sinistro fa già i capricci. Se non avete niente di meglio da fare, da questo sito potete vedere cosa sto combinando.
Aggiornamento: martedì compro la gazzetta. E questi sono gli ultimi 50 metri visti da Super.

sabato 22 novembre 2008

Quarantamila passi (manca un giorno, anzi meno)

Sono in astinenza. Ogni sabato, per tre mesi, mi sono alzato alle 5 per andare a correre. Oggi invece niente. Mi sono svegliato, ho fatto un giro per casa e sono tornato a poltrire sotto le coperte. Riposo assoluto. Colazione, giornale radio (è morto Curzi), qualche mail, una rapida occhiata ai giornali (Geithner andrà al Tesoro), lettura dei blog (il meme di Alebino passa da Findarto a Vintervila) e analisi comparata delle previsioni meteo. Giudizio unanime sull’esistenza di un canale che parte dall’Artico e sposta masse d’aria gelida. Brrr. Domani cielo in prevalenza sereno. Venti da deboli a moderati. Qualche incertezza sulle temperature. L’Arpa oscilla tra 0 e 7, EpsonMeteo abbassa la minima a -1, il Centro Meteorologico Lombardo passa da -3 a 8 gradi (e sconsiglia i lavori all’aperto). Per Repubblica l’arco alpino ci proteggerà anche se il clima sarà rigido nella prima parte della giornata con temperatura compresa tra 1 e 9 gradi. Cassandra di turno il Corriere che pronostica vento a 9 chilometri orari e una temperatura percepita tra -3 e 4 (effettiva: 0 e 6). Bene. Visto che non posso fare niente, da bravo single con sorella a carico questo pomeriggio la porto a vedere una mostra.

venerdì 21 novembre 2008

Quarantamila passi (mancano due giorni)

Meno di 48 ore al folle gesto. Mi riposo e ingoio carboidrati. Mi hanno detto che bisogna farlo e quindi mi adeguo. Frugo nel pacco gara estraendo un pezzo per volta. Si comincia con la pubblicità di un noto produttore di tisane e pastiglie dimagranti che non cito perché mi sta antipatico. A seguire, una copia di ViviMilano, l’opuscolo di un albergo a cinque stelle e una confezione di cerottini nasali (con l’avvertenza di non usarli più di 12 ore al giorno e di non utilizzarli su pelle ferita, scottata o irritata). Fin qui è un magro bottino. Che delusione. C’è poi un laccetto blu con un anello di plastica a cui forse bisogna attaccare una bottiglia d’acqua minerale (non so, non sono pratico di queste cose, bevo solo acqua del rubinetto, e comunque non mi sembra tanto comodo). Divoro subito l’ignota merendina Choco&latte e metto da parte i 30 grammi di miscela arabica Vergnano ("caffè superiore a basso contenuto di caffeina": basta a stento per 6 tazzine). Poi, in rapida successione, vengo invitato alle maratone di Ferrara (8 marzo), Brescia (15 marzo) e Seregno (22 marzo). Quella di Brescia si chiama Art Marathon e si definisce la maratona più americana d’Italia. A Seregno hanno in programma pure una centochilometri... quasi quasi ci faccio un pensierino. La maglia ufficiale, pardon la sweat ufficiale, è una cosa orrenda, nera con gli inserti blu, e mi fa sembrare Marcel Marceau in fase anoressica. Non vale. Paolo, se mi leggi, prometti che l’anno prossimo la disegnerai tu e che sarà un capolavoro. In segno di protesta manco guardo il catalogo Asics e passo a quello della Polar che, se non altro, è pieno di maschi sudati. Scavando tra le carte, raccatto un tubetto di crema miracolosa per il massaggio pre-gara e una compressa effervescente a base di taurina, guaranà e caffeina (qualche anno fa l’avrebbero considerata doping). Ancora carta: 32 pagine sull’importanze delle scommesse sportive legali, 16 sull’Idroscalo e 8 sul CUSMilano. Praticamente hanno disboscato mezza Amazzonia per della roba che nessuno guarderà. Il braccialetto di plastica "no smoking be happy" è un gentile omaggio della Fondazione Veronesi che, per ragioni a me ignote, preferisce combattere il tabagismo tra i maratoneti anziché fare prevenzione fra i ragazzi delle superiori. Nel pieghevole sulla tecarterapia (chissà a cosa serve) c’è un modello in mutande legato al lettino del medico (e questo mi basta). In quello del MyAsics Club hanno appiccicato un foglio di stagnola con la scritta "il vero runner ci mette la faccia". Il riflesso è talmente opaco e distorto che ci vedo EtaBeta. La nuova cartina ATMcity è assolutamente indecifrabile, roba che la guardi e capisci subito perché ti hanno dato anche i volantini di un autonoleggio e di un noleggio furgoni. Piuttosto vendi un rene, ma non corri il rischio di perderti in quel delirio di righe colorate. Questo pacco gara è una fregatura. Io mi aspettavo chissà quali meraviglie, invece continuo a trovare robaccia. La busta di PolaseSport almeno ha un senso, e puoi versarla direttamente nella bottiglia d’acqua in dotazione (che ovviamente si incastra a perfezione nel cappio di cui sopra). Ottima cosa questo servizio fotografico che sarà disponibile in rete dopo 72 ore (scommettiamo che non è incluso nel prezzo?). Il resto è cartaccia. Opuscolo e cartolina del Servizio Civile Nazionale (grazie, ho già dato). Pubblicità di un centro di medicina sportiva (anche qui ho già dato e non vorrei ripetere). Pubblicità sull’ennesimo ritrovato a base di fermenti lattici (siamo davvero il paese della stitichezza). Pubblicità di Telecom Italia. Buono sconto per un McMenu McRoyal Deluxe (il pasto dei campioni!). Sito internet di un gruppo sportivo virtuale (no comment). Pieghevole di Champions for Children (che magari è una bella iniziativa ma non garantisco). E per toglierci l’amaro dalla bocca, una (dico una!) Fisherman’s friend gusto extra forte. Troppa grazia San Gennaro. Dov’è il bidone della carta da riciclare?

(continua)

giovedì 20 novembre 2008

Quarantamila passi (mancano tre giorni)

Il Marathon Village è ufficialmente aperto. 1.400 metri quadri di tendone bianco deturpano Piazza del Duomo. Gli iscritti arrivano all’ingresso, consegnano i documenti, ritirano la busta col pettorale e vengono costretti a passare sotto le forche caudine degli sponsor prima di poter ritirare l'ambitissimo pacco gara.

Non posso resistere, il richiamo è troppo forte: devo averlo. Monto in sella, pedalo fino in centro e mi impossesso delle insegne del potere podista.

Tornato a casa, inizio a leggere la guida “Tutto Maratona” e scopro che un certo Jean-Marie Grall ha misurato e certificato la distanza (sono quarantaduemilacentonovantacinque metri) e che ogni 5 chilometri troverò acqua, bevande energetiche, frutta, biscotti, ecc. L’eccetera mi incuriosisce parecchio, mentre non sono sicuro di aver capito perché il posizionamento dei tavoli seguirà solo tendenzialmente il senso di corsa.

Continuo a leggere e apprendo che Milano offre viali pianeggianti e ben asfaltati che favoriscono il ritmo di corsa, la concentrazione e l’impegno personale (questo passaggio deve averlo dettato Donna Letizia in persona). Milano offre anche la possibilità di buscarsi un malanno visto che dovrò consegnare la borsa 50 minuti prima della gara e presentarmi per la punzonatura con 30 minuti d’anticipo (cosa peraltro complicata dal fatto che, a quanto pare, non esiste un settore per quelli col mio numero di pettorale). Fortuna che è previsto un imponente servizio medico e che riceverò assistenza all’arrivo (spero si tratti di ossigeno, insieme a un foglietto con su scritto chi sono, dove mi trovo e come faccio per tornare alla maison).

Chi si ritira non verrà abbattuto sul posto ma recuperato da un adeguato servizio navetta. Ottime notizie anche per le vittime di Montezuma: bagni chimici a volontà (igiene precaria ma privacy assicurata). I pacemaker (o lepri che dir si voglia) andranno in giro con dei fantastici palloncini colorati. Anche se si tratta di sconosciuti, nonostante quello che ci dicevano da piccoli, conviene farsi prendere per mano e seguirli passo passo.

La notizia migliore di tutte è che dopo aver tagliato il traguardo, potrò arrancare fino all’Arena e farmi una doccia calda (bene, perché dopo ho un altro impegno). Infine, sempre ammesso che ce la faccia, per la prima volta nella mia vita, martedì comprerò la Gazzetta e... ci leggerò il mio nome.

(continua)
Distanza:
12,112 km
Tempo:
1 00' 00''
Velocità media:
12,11 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.285,511
km corsi negli ultimi 12 mesi:
2.017,920

martedì 18 novembre 2008

Il testamento della lumaca

Un giorno potrei finire sotto una macchina -o sotto un camion- e ritrovarmi a fare il geranio in qualche ospedale dimenticato da Dio e dagli uomini. Se dovesse succedere, ecco cosa dovete fare. Curatemi. Anzi, curate il mio corpo, perché io avrò già smesso di abitare là dentro. Quando sarete sicuri di aver sistemato ogni cosa, portatemi in sala operatoria, apritemi e datevi al saccheggio. Se possibile, regalate il mio cuore a qualcuno un po’ giovane, che abbia voglia di portarlo in giro ogni tanto, e magari anche a correre. Scavate un buca profonda e metteteci quello che avanza. Niente bara, così le bestioline là sotto possono farmi la festa. In alternativa, se proprio non si può fare altrimenti, staccate la spina e donate il mio corpo alla scienza. Tutto sommato, è meglio se gli studenti di medicina si allenano un po’ con me prima di allungare le mani su pazienti non ancora defunti. Ho letto che esiste un ordine prestabilito: ortopedici, neurochirurghi, chirurghi toracici, urologi... Per ultimi arrivano i chirurghi plastici perché, per dirla con Meryl Streep, la morte ti fa bella. Quindi, infornate tutto a mille gradi circa e lasciate cuocere per un paio d’ore. Fate raffreddare, sfornate e disperdete sui prati di Porta Venezia. In entrambi i casi, si impone una ricca merenda con cioccolata calda e ampia selezione di dolci, torte e pasticcini. Infine, mandate due righe di ringraziamento ai giudici della Cassazione e a quelli della Corte d’Appello di Milano. Dimenticavo, i soldi se li prende tutti Super per i suoi tanti progetti.
WonderWoman è via per lavoro ma ha lasciato detto che non devo strafare (secondo me, si sta allenando di nascosto in qualche centro federale). Monica la sostituisce degnamente nel ruolo di controllore inflessibile. Io mi sento tanto una lumaca.
Distanza:
12,028 km
Tempo:
1 00' 00''
Velocità media:
12,03 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.283,697
km corsi negli ultimi 12 mesi:
2.015,685

sabato 15 novembre 2008

Jenga

L’altra mattina, in palestra, ho incontrato un ragazzo che non vedevo da parecchio tempo. Dopo i soliti convenevoli, mi ha squadrato dall’alto in basso e mi ha detto (cito testualmente): "Che aria sbattuta. Che hai combinato stanotte? E come sei dimagrito. Ma mangi?". Capisco che non possiamo sempre parlare di filosofia o di politica internazionale. E capisco pure che, visto il luogo, si finisce spesso a parlare del proprio corpo. Ma come ammoniva garbatamente Orazio, est modus in rebus. Vorrei quindi chiarire che 1) non c’è nessuno che mi si sbatta (e, comunque, io avrei usato un’espressione leggermente diversa) 2) la notte in questione avevo dormito solo tre ore a causa di un simpatico virus intestinale 3) è vero, sono dimagrito, specie dalla vita in su, ma se non me lo fate notare è meglio 4) sì, mangio, e pure parecchio (la mia giornata di ieri, ad esempio, può essere così riassunta: latte, corn flakes, banana, dieci uova, pacchetto di cracker, crostatina al cioccolato, due panini pomodoro&tonno, mela, altro latte, altra crostatina, altri corn flakes, salatini, paté, pane, vellutata di porri, orata, insalata, cavolfiore, dolce). Visto che però non avevo voglia di spiegargli tutte queste cose, mi sono sdraiato sulla panca, ho fatti dodici ripetizioni con venti chili in più rispetto a lui, e poi ho ammesso: "Già, oggi non sono per niente in forma".
Ringrazio la mia piccola Anne Leibovitz per questa foto con le cinquecento uova mangiate negli ultimi due mesi. Se non è troppo disturbo, la prossima volta ricordati di caricare le batterie del potente mezzo, così possiamo scegliere fra più di tre scatti, sistemiamo meglio le luci, concordiamo le inquadrature, cerchiamo di avere un'espressione più naturale e facciamo finta di non preoccuparci per l’imminente crollo della torre...


Visualizzazione ingrandita della mappa
Distanza:29,020 km
Tempo:2 28' 00''
Velocità media:11,76 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:1.281,960
km corsi negli ultimi 12 mesi:2.013,527

giovedì 13 novembre 2008

Cercasi Cooper disperatamente

C’era una volta un blogger carino, simpatico e alla moda. Riempiva le mie giornate con la cronaca della sua vita tutta musica, cinema e mondanità. Aveva orgasmi multipli con Foster, Nouvel e Calatrava. Organizzava eventi e feste a tema. Partiva per un viaggio e tornava carico di foto. Commentava i fatti del giorno, parlava del tempo, disquisiva su qualsiasi argomento. Maroccava senza pudore. Stupiva a suon di che t’invento. Si ubriacava di cocktail e di parole. Conosceva i suoi lettori per nome e li prendeva in giro senza pietà. Sapeva essere ironico ma anche serio. Colto ma glitterato. Cooper ma anche Redrum.

Lui è biondo, quasi alto, ha due occhi che vorreste farci un bambino, un paio di scarpe fatte col domopak e si aggira per l’Italia su una macchina degna di Fast&Furious. Quando inizia a parlare non si ferma più. Se lo vedete, ditegli che mi manca e che sto andando in crisi d’astinenza.

Questo post non è mai stato pubblicato. Anche sotto tortura continuerò a ripetere di non averlo nemmeno pensato.
Distanza:
13,342 km
Tempo:
50' 00''
Velocità media:
16,01 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.263,226
km corsi negli ultimi 12 mesi:
1.994,359

martedì 11 novembre 2008

Misheu laruz ito

Un cane corre per strada. Un ragazzo lo insegue. Una lunga corda li unisce. Una ragazza dice addio alla casa dov’è cresciuta. Una suora vive per cinquant’anni tra quattro mura. Una mamma cresce la sua bambina. Un uomo guarda le stelle. Un innamorato attende il ritorno di chi l’ha lasciato. C’è il male, e ha il volto di chi non ti aspetti. C’è chi fugge, chi soffre, chi muore e chi riesce a salvarsi. C’è il senso dell’amicizia. E quello della famiglia. C’è chi resta solo anche in mezzo alla folla e chi nella solitudine riesce a scoprire il mondo. C’è la forza del silenzio e quella delle parole. E, soprattutto, c’è una sola possibilità al mondo che qualcuno possa innamorarsi di noi ed è correndoci a fianco nei cinquemila metri...

Forse cinquemila metri non mi bastano. E forse, come dice il protagonista, “quella storia sarebbe dovuta finire in un modo un po’ diverso. Con un pizzico di dramma in più [...] Il tutto durò non più di dieci minuti. Il mondo si capovolse per poi tornare al proprio posto”. Se non avete tempo o voglia di leggere il libro, settimana prossima esce il film.
Distanza:
13,317 km
Tempo:
50' 00''
Velocità media:
15,98 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.260,162
km corsi negli ultimi 12 mesi:
1.990,862

sabato 8 novembre 2008

ioBaccello

Lo confesso, ho due seri problemi. Il primo è mentale, probabilmente neurologico. Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare i testi delle canzoni. Azzecco solo qualche parola, le altre devo inventarle di sana pianta. Il secondo problema è chimico. Il mio sudore ha lo stesso pH della bava di Alien. Talmente acido da sciogliere le stanghette degli occhiali e da brasare il contapassi di Fosca. Talmente acido che, una volta, mi sono fatto l’elettroshock da solo dopo aver collegato gli auricolari al sistema audio della palestra. È per questo che non ho un iPod: uno di noi avrebbe vita breve, e non vorrei essere io. Così, quando corro, dopo aver pensato a tutto il pensabile -dal bosone di Higgs al modo per sposare Brad Pitt- non potendo contare sulla tecnologia, attacco a cantare un improbabile minestrone di strofe. La playlist di oggi spaziava tra Suzanne di Leonard Cohen e l’attacco di Bohemian Rapsody, passando per le voci elettroniche degli Apollo Four Forty con Stop the Rock e Tiziano Ferro che (anche lui) sa piangere di notte alla mia età. Gran finale: quindici minuti di Badabùm, Badabùm, Badabùm, Chà Chà. Tanto mica ci sono le parole, vero?
Per la cronaca, possiedo già un Zen giallo limone che -ovviamente- non ho mai tirato fuori dalla sua scatola. Lo dico così a Natale nessuno pensa di farmi un bel regalo...


Visualizzazione ingrandita della mappa
Distanza:31,720 km
Tempo:2 37' 00''
Velocità media:12,12 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:1.257,114
km corsi negli ultimi 12 mesi:1.987,382

giovedì 6 novembre 2008

Orgoglio podista

Ho un piede sanguinante e il tendine d’Achille dell’altro che mi sta facendo impazzire. Ci sono cose che uno preferirebbe non fare, ma a mali estremi, estremi rimedi. Qui mi tocca arringare la truppa come Al Pacino in Ogni maledetta domenica.

Non so cosa dirvi, davvero. Meno di duecento chilometri al traguardo finale. Tutto si decide in queste due settimane. Ora noi, o risorgiamo come squadra, o cederemo un centimetro alla volta, un passo dopo l’altro, sino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso, piedini miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce. Perché sapete anche voi che cosa c’è in palio. C’eravate anche voi alle elementari, quando si facevano le squadre in cortile e tutti ci scartavano perché eravamo troppo lenti o troppo imbranati. C’eravate anche voi alle medie, quando per tre anni di seguito il prof di fisica ci ha rovinato la pagella scrivendo che non riuscivamo a "relazionarci con la sfera". E c’eravate anche voi alle superiori, quando anche l’ultimo degli sfigati sembrava più bello e più in forma di noi. Ecco, è arrivato il momento della riscossa. Adesso tocca a noi arrivare fino in fondo, come i due Matthew alle ultime olimpiadi. Anzi, visto che a Pechino erano solo in due su seimila e trecento, se ne troviamo un altro con la bandiera arcobaleno nel cassetto questa maratona rischia di diventare la gara IAAF col maggior tasso di omosessualità dichiarata. Ma io non posso obbligarvi a lottare! Ciascuno di voi deve guardare l’altro. E ciascuno di voi vedrà un piede altrettanto determinato a guadagnare terreno. Un piede che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento noi faremo lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, piedini miei! Perciò... o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente. È la corsa, ragazzi! È tutto qui. Allora, che cosa volete fare?

Qui trovate la versione originale.
Distanza:
13,992 km
Tempo:
54' 00''
Velocità media:
15,55 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.235,658
km corsi negli ultimi 12 mesi:
1.965,490

martedì 4 novembre 2008

Pensieri del giorno

Quando non sto davanti al computer corro e quando non corro pedalo, ragion per cui mi sento autorizzato a dire che prima di introdurre il bike sharing in città sarebbe stato meglio pensare ad altre due o tre cosette. Sarebbe stato meglio, ad esempio, realizzare un paio di piste ciclabili in più. Sarebbe stato meglio abolire quei marciapiedi assassini che ti costringono su una striscia di lastroni sconnessi a diretto contatto con la rotaia del tram. Sarebbe stato meglio aggiungere qualche rastrelliera alle poche che abbiamo adesso. E invece... Se non altro, questa mattina è stato decisamente bello vedere l’espressione di chi arrivava in piazza Cavour e scopriva che la stazione del bike sharing si era mangiata cinque o sei posti auto.

Chiunque vinca, ho il sospetto che non potrà essere peggio di chi l'ha preceduto. O di chi governa dalle nostre parti.
Distanza:
13,242 km
Tempo:
50' 00''
Velocità media:
15,89 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.231,927
km corsi negli ultimi 12 mesi:
1.961,296

sabato 1 novembre 2008

Novembre

Sarà perché quelli di mio padre sono a Staglieno e per andarli a trovare bisogna arrampicarsi su una collina che profuma di pioggia e di resina. Sarà perché quelli di mia madre ci hanno sempre costretti a memorabili viaggi in carovana attraverso un deserto assolato. Sarà perché da una parte c’era questo incredibile museo all’aria aperta e dall’altra solo la dolce ricompensa dei cannoli appena riempiti con la ricotta. Sarà perché ogni volta scoprivo una storia che non conoscevo. Sarà perché poi qualcuno raccontava un aneddoto buffo e scoppiavamo tutti a ridere. Sarà per questi o per altri motivi che non ho ancora capito ma a me, fin da piccolo, i morti sono sempre piaciuti. E le visite al cimitero mi hanno sempre messo di buon umore. Perché, in fondo, tra lapidi e cipressi non credo che nessuno abbia mai imparato granché sulla morte, ma a leggerle bene quelle lapidi e a guardarli con attenzione quei volti smaltati, prima o poi, finisce che impari qualcosa sulla vita.

Purtroppo, il mio piccolo pantheon di lari e penati non è tanto facile da raggiungere, così -ovviamente correndo- questa mattina mi sono appropriato di morti non miei: i contadini e gli operai di Baggio, i soldati nel cimitero di guerra inglese, i milanesi illustri al Monumentale.
PS: Sono io particolarmente fantasioso o il tracciato di questa mattina ricorda la sagoma di un'oca in volo e quello della settimana scorsa è un incrocio tra un cavalluccio marino e il biscione della Fininvest?


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Distanza:
31,800 km
Tempo:
2 41' 00''
Velocità media:
11,85 km/h

km corsi negli ultimi 6 mesi:
1.228,943
km corsi negli ultimi 12 mesi:
1.957,846



© itboy_76