lunedì 30 luglio 2012

BresciaNoLimits 2012 (il video)


Un post vecchio di tre settimane, ma ci tenevo a pubblicarlo col video visto che, più o meno verso la metà, ci sono pure io (sono cose...).

2 giugno 2010 - Da qualche parte in un bosco del nord Italia. "E adesso dove si va? Da che parte?". "Qualcuno ha visto i segnali?". "Di qua. Venite. Ho trovato una traccia... di sangue".

Io e Ale abbiamo frequentato lo stesso liceo, ci siamo iscritti alla stessa università, abbiamo fatto il servizio civile nello stesso ufficio, eppure, per tanti anni, non ci siamo mai incontrati. Ci siamo ritrovati correndo. Lui è quello serio, che si allena seguendo le schede, fa stage in montagna con Pizzolato e migliora la tecnica in Kenya con i locali. A me basta accumulare kilometri e avere una scusa per divorare pacchi di crostatine. Lui ha la tecnica degna di un passista, io l'ostinazione di un mulo. Tagliamo insieme il traguardo della Brescia No Limits. Lui torna a casa, io passo la serata al pronto soccorso con un sospetto trauma cranico, la caviglia ridotta a purè e il sorriso ebete del lotofago stampato in faccia.

Terra, sassi, tronchi e rovi non fanno per me: oltre ai piedi sbagliati ho pure l'equilibrio precario e le articolazioni fragili. A quello della scia di sangue è andata peggio. Il traguardo non l'ha visto nemmeno col cannocchiale e in ospedale c'è arrivato con l'ambulanza.

8 luglio 2012 - "Appena senti lo sparo scatta in avanti e non ti fermare fino agli ostacoli".

Com'è quella cosa del colpevole che torna sempre sul luogo del delitto? Sono passati due anni ed eccoci di nuovo qui.

Ale sfoggia un camel pack nuovo di zecca. Il camel pack funziona come la tuta dei Fremen sul pianeta Arrakis. È uno zaino pieno di liquidi con un tubicino che arriva direttamente in bocca. Idratazione istantanea senza obbligo di sosta, massimo del risultato col minimo sforzo.

Io, più modestamente, ho infilato due Gatorade in una vecchia sacca di tela, e solo perché Ale ha praticato l'ignobile arte del terrorismo psicologico con la determinazione di Bush figlio ai tempi che furono. "Ci aspettano venti chilometri in autonomia, senza punti di ristoro. E col sole a picco. E poi c'è tutto il resto".

Tutto il resto è ciò che distingue questa corsa dalle altre.

Di solito, chi organizza una gara podistica ha un obiettivo ben preciso: disegnare il percorso più veloce così che i partecipanti possano stabilire il loro record. Gli organizzatori della No Limits, invece, seguono una linea di pensiero leggermente diversa: "Spezziamogli le reni, lasciamoli senza fiato, costringiamoli a continui cambi di ritmo, a salite e discese, a prove di forza e di agilità". L'obiettivo della no limits non è arrivare ma sopravvivere.

Quindi pronti, partenza, via!

Ottocento metri a tutta velocità per lasciarsi dietro la concorrenza e affrontare i primi ostacoli. Quadri svedesi, balle di fieno, passi del giaguaro, cataste di pneumatici e le immancabili stoppie incendiate.



Ed è solo l'inizio. Un breve tratto di corsa prima di arrampicarci su per la Val Carrobbio..

Per fortuna non piove: il letto del torrente é una successione di rocce, sassi, fango, giunchi, rovi, gole naturali, briglie in cemento e gabbioni di pietra. Più si avanza e più diventa ripido. Si sale con i piedi, le mani e l'aiuto di chi ti sta accanto. Arrivati in fondo, un salto nel recinto ad acchiappar conigli e via per un sentiero a mezza costa con passaggio in grotta e casa matta. Poi su per un'interminabile lingua di pietre e terra arsa dal sole e giù, velocissimi, per una strada asfaltata.



Ma è breve gloria: cominciano i mille scalini. E chiamarli scalini è un eufemismo. Sono schegge di pietra conficcate alla bell'e meglio nel fianco della montagna. Una via crucis in salsa bresciana. La superiorità di Ale e della sua attrezzatura è subito evidente. Espugna il Golgota in scioltezza mentre io arranco in cerca di una Veronica, di un Cireneo o del primo che passa, purché respiri (e mi si voglia caricare in spalla...).

L'altra volta era andata diversamente. Mi tocca ammettere che negli ultimi due anni il fisico ha perso (e preso) un po' di colpi. Ammettere che Ale sia semplicemente più bravo di me è fuori discussione.

Gambe in spalla e via. Un tratto nel bosco e poi di nuovo l'asfalto in salita. Com'è che nessuno fa finta di correre? La Chiesa di San Gottardo è l'ultimo gran premio della montagna, poi comincia la discesa. Giù per una mulattiera tutta pietre e radici, trascinati a valle dall'adrenalina e dalla forza di gravità, determinati a raggiungere chi ci precede o -almeno- a non lasciarci superare da chi abbiamo alle spalle.

Lo chiamano "Falcone d'Italia". E' il castello di Brescia. Sorge in cima al colle Cidneo, ed è come se lo coprisse per intero. Ha torri imponenti, mura merlate, ponti, scale, fossati, passaggi sotterranei e una sola funzione: fiaccare gli assalitori, podisti compresi. Non bastasse la strada in salita che porta all'ingresso, c'è subito una scalinata spietata, poi le gallerie semibuie, il fianco del colle da risalire aiutandosi con le corde, qualche cambio di direzione per farti perdere l'orientamento ed eccoti una pistola.



Io non ho mai toccato una pistola, nemmeno al tiro a segno, e la prima cosa che mi viene in mente quando la impugno è "Accidenti: quanto pesa". Quattro bersagli, due alti e due bassi, due colpi a bersaglio, otto spari in tutto. Ci metto un po' prima di capire come funziona. Con l'ultimo colpo stacco la sagoma dal muro. Pare sia il primo che riesce nell'impresa, ovviamente in maniera del tutto involontaria. Manca poco che Ale non perda i sensi a furia di ridere.

Via. Altro giro, altro premio, altra prova: zip-line per i gruppi, discesa in verticale per noi. Se ti rassegni all'idea che la tua vita dipende da un imbragatura di corda e da un semplice moschettone d'acciaio non è poi così difficile: devi solo scavalcare la ringhiera, dare le spalle ai trenta metri di vuoto che ti separano da terra, buttare il peso in fuori e tenere le gambe tese per evitare di spalmarti sul muraglione.

Questo, ovviamente, se siete persone normali. Se invece siete come me, una volta arrivati sull'orlo del precipizio, anzichè concentrarvi su queste semplici azioni, userete l'unico neurone che vi è rimasto per fare conversazione nella lingua d'albione col suddito di sua maestà piuttosto belloccio che vi sta a fianco e -nel momento di spiccare il salto- dimenticherete di staccare la mano con cui vi reggete al parapetto. Risultato: tutto il vostro peso, quasi 80 kili, moltiplicato per una generosa spinta verso l'esterno e per la forza d'attrazione terrestre, graverà allegramente sull'ignara spalla sinistra prima che il neurone di cui sopra impartisca l'ordine di mollare la presa. Saranno preziosi decimi di secondo, in cui vedrete le stelle e ripasserete d'un fiato tutti i santi del calendario. E poi, arrivati in fondo, vi toccherà nascondere le lacrime e fare gli splendidi con la giornalista che vi chiederà di commentare l'impresa per i telespettatori bresciani. Non contenti, quindi, dovrete impugnare una sega e tagliare una trave al solo scopo di portarvela dietro fino all'uscita del castello.

Inutile dire che Ale, nel cui curriculum figura anche il lancio col paracadute, supera brillantemente il fatal cimento e pure il test del boscaiolo.









Comincia a fare caldo, molto caldo, un caldo africano. E come direbbe il coach Peterson, sapete cosa facciamo noi, quando il sole ti spacca in quattro? Qualche kilometro di asfalto in leggera salita. E tutto il gusto di una discesa lastricata con delle belle pietre scivolose. U-uh, feenomenaaale!

Arriviamo al parco Ducos. Manca poco al traguardo.

Primo lago. Mi torna in mette il sussidiario della terza elementare: gli antichi Egizi, il Nilo e il limo che rende fertile la valle. Io il limo non so che aspetto abbia ma francamente me lo immagino così: torbido e dello stesso colore della pasta e ceci. Vabbè, tanto non c'è modo di evitarlo: entriamo in acqua con scarpe, zaini e vesiti. Qualche bracciata ed emergiamo sull'altra sponda. Per un attimo mi immagino novello Daniel Craig in Casinò Royale, poi faccio un reality check e mi rassegno all'evidenza: sono la mia bisnonna in quella vecchia foto sbiadita, lo stabilimento balneare sullo sfondo e la palandrana al posto del costume.

Reti. Chiunque abbia pensato di tendere delle reti tra gli alberi per allietare il passaggio tra un lago e l'altro ha una mente criminale.

Secondo lago. 40 centimetri di fango sul fondo e bisogna camminare. I piedi affondano nella melma, le scarpe si riempiono di sabbia.

Terzo lago. Il più grande. Nuotare con le scarpe, per giunta pesanti come macigni, è la tortura finale. Sono un po' preoccupato per il mio GPS. Sopravviverà al bagno imprevisto?



"Betto, devo confessarti una cosa"
Guardo Ale che, fradicio quanto me, corre sulla strada ormai incandescente. "Dimenticato i vestiti di ricambio?"
"No. Peggio"
"Che hai fatto?"
"Le chiavi della macchina... Sai, le porto sempre con me, per sicurezza"
"Le hai perse?"
"No. Le ho ancora. Però..."
In quel momento mi si accende il neurone. Le chiavi della AleMobile non sono delle vere chiavi. In realtà, stiamo parlando di uno scatolotto elettronico che permette di avviare il motore e di aprire le porte a distanza.
Acqua. Fango. Scatolotto elettronico.
Un sacco d'acqua. Tanto fango. Un minuscolo scatolotto elettronico.
"Ale, non toccare niente. Non sfiorare nemmeno un tasto. Di sicuro si asciugherà. Corri, non ti preoccupare".

Dieci minuti più tardi, eccoci finalmente in vista dell'arrivo. Ovviamente, prima bisogna affrontare una manciata di ostacoli, ma -ormai- che volete che sia? Anche questa volta siamo arrivati in fondo. Tempo: 3 ore e 22 minuti. Ale da solo ci avrebbe messo di meno. Appuntamento all'anno prossimo, vero?









PS: Ale, anche io devo confessarti una cosa. Sono tre settimane che non posso muovere la spalla. Non vado in palestra. Non posso usare la bici. Non riesco a sollevare le borse della spesa. Ho passato tre giorni in pronto soccorso e mi hanno detto che ci vorrà un po'. Tu, però, non ti preoccupare... Ho già cominciato un nuovo tipo di allenamento.

PPS: Ma quegli occhiali da tamarro quando li hai tirati fuori? Sai che non me li ricordavo proprio...

Per tutti gli altri - Non lasciatevi impressionare dalle mie disavventure. La Brescia No Limits è una gran bella gara, organizzata benissimo, con tanti volontari, le docce calde all'arrivo e un piatto di pasta per rimettersi in forza. Andateci, fatela, godetevela, divertitevi. E, una volta tornati a casa, guardatevi il video.




© itboy_76