giovedì 22 settembre 2016

Secondo giorno


Per quanti programmi si possano fare, c'è sempre qualcosa che potrebbe non andare per il verso giusto (versione edulcorata della legge di Murphy). Più passa il tempo, e più mi sorprendo della gentilezza e dell'ospitalità portoghesi. Avrei dovuto passare la notte a casa di Elena. Purtroppo c'è stato un problema e qualcuno si è preso il mio letto. "Scusa, scusa, scusa. Sono dispiaciutissima. Se vuoi, ho un'altra casa in cui puoi dormire". Doveva essere una giornata tranquilla, 35 kilometri e poi la spiaggia in riva al Tejo. L'altra casa è fuorimano e complica i miei progetti per domani. L'unica alternativa è proseguire fino a Santarém. Si passa da 35 a 53 kilometri. Potenza della cabala: inverti le cifre e moltiplichi la fatica. Tra qui e là non c'è nulla, solo l'argine del fiume e i campi. Pomodori per lo più, ma anche qualche vite. Niente alberi, al massimo un canneto ogni tanto. E nessun posto in cui fare scorta di liquidi. Elena si sta ancora scusando. Le rispondo che non c'è problema e mi rimetto in cammino. Quattro ore più tardi vengo adottato da Maria che mi prepara il bacalhau come piace al suo bambino (un  marcantonio pieno di ricci che è stato campione europeo di sci nautico) e mi intrattiene in un portoghese fitto fitto che ogni tanto mi dà alla testa. Le vorrei dire che "sono un po' stanchino" ma 1) temo che questo le possa indurre uno stato di ansia materna dalle conseguenze imprevedibili e 2) non vorrei pensasse che noi italiani siamo persone fredde e distaccate. Così mi metto comodo, shakero alla meno peggio la lingua di Camões con quella di Cervantes, e un po' rimpiango la casetta in riva al fiume della desolatissima Elena. Ma solo un po'. Domani me la prendo comoda. Forse.



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