martedì 12 maggio 2015

Un po' di cose


Un po' di cose. In ordine sparso.

La prima. Se nei prossimi mesi vi doveste imbattere in un bresciano che procede a tentoni tra Francia e Spagna, siate gentili con lui. Si chiama Sergio ed è buono come il pane, il venerdì osserva il digiuno, gli altri giorni mangia poco per risparmiare. Invitarlo a cena è inutile perché si imbarazza. Però ha deciso di andare fino a Santiago e sarebbe un peccato se non ci riuscisse. Dategli una mano. Discretamente.

La seconda. Una macchina arriva e si ferma. Era già successo in riva al Ticino, quando un fotografo ha cominciato a scattare a raffica per un libro e una mostra che sta preparando. È successo di nuovo oggi in riva al Po. La macchina arriva, si ferma, le portiere si aprono e ne escono due signori che, per l'età, potrebbero essere i miei genitori. Mi fanno il terzo grado. Chi sei? Cosa fai? Dove vai? Da dove arrivi? Io un po' mi preoccupo perché temo di essere finito in una proprietà privata, non sarebbe la prima volta. Poi si presentano. Si scopre che sono anche loro dei camminatori, che sono stati a Roma e a Santiago, e che si occupano di tenere aperto questo tratto della strada. La signora vuole sapere se sono rimasto soddisfatto della segnaletica. Il marito ci tiene a indicarmi un percorso alternativo per entrare a Torino. Si allunga un po' ma permette di evitare La Barca. Da come ne parlano deve essere una bolgia infernale con palazzoni e macchine da tutte le parti.

La terza. All'inferno ci deve essere un posto speciale per quelli che tendono a sottovalutare la propria natura mortale e accettano di prendere sinuose piste ciclabili lungo il Po' invece di agili rettilinei di periferia. Seguendo le indicazioni del mio quasi papà è solo un caso se non ho avuto un collasso prima di raggiungere Piazza Castello.

La quarta. Sempre all'inferno ci deve essere un altro posto speciale per quelli che si presentano all'ingresso di un obiettivo sensibile armati di coltelli, punte, gas compressi e altre amenità. Per fortuna, gli addetti alla sicurezza della Sindone hanno avuto pietà di me. E c'è almeno un aspetto positivo nel presentarsi ai metal detector con un frigorifero sulle spalle: si conosce la persona che custodisce il sacro lenzuolo tra un ostensione e l'altra e si scorporo dettagli che non si trovano scritti da nessuna parte.

La sesta. Sono stato un credente riluttante e un ateo militante. Adesso mi considero un ateo praticante. Per tanti la Sindone è il sudario di un Dio che si è fatto uomo ed è morto sulla Croce. Per me è il simbolo della stupidità umana, di chi considera la violenza un metodo efficace per eliminare il dissenso. In ogni caso, che voi siate atei o credenti, la Sindone è un oggetto molto speciale che andrebbe trattato come tale. Per questo, tra tutti i posti speciali dell'inferno, una specialissimo è riservato a coloro che, quando ci si trovano davanti, non trovano niente di meglio da fare che estrarre il telefonino e scattarsi una fotografia.

La settima. Odio ricevere sorprese. In compenso mi piace farle. Anche se ho dovuto attraversare mezza città per raggiungere una persona che, sulle prime, non mi ha riconosciuto, ne è valsa la pena. Per lei, ma soprattutto per me.

Ottava. La segnalazione della cioccolata è arrivata fuori tempo massimo. Promosso a pieni voti il gelato alla gianduja. Qualche dubbio sul bicerin (ma forse ero un po' di corsa).

Nona (e ultima). I torinesi sono di una precisione unica. I pellegrini pagano la tassa di soggiorno: un euro e ottanta. Non mi era mai capitato. Giuro.

Domani mi aspetta corso Francia. La vedo dura.

















5 commenti:

  1. Qui lo dico e non lo nego: ma sei un figaccione pazzesco negli ultimi tempi (non che prima non lo fossi o che non lo si fosse notato ma nelle ultime foto sei davvero un gran gnocco).

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  2. Bravo. Nega. È solo l'effetto della tostatura.

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