domenica 16 settembre 2012

Maestra Annah

C'e' chi raccoglie gattini randagi per strada. Io raccatto pellegrini.

Faccio il turno "Alba", dalle sei alle nove. Qualche giorno fa il Pellegrino Pulcioso. Ieri un ragazzo di Bilbao che vagava alla cieca tra Molinaseca e Ponferrada. Questa mattina la Maestra Annah.

Ci incontriamo davanti alla porta dell'albergue. Io sono sul punto di partire, lei ha ancora qualcosa da sistemare. Ci scambiamo l'ennesimo "Buen Camino", il saluto che ormai li comprende tutti. Lo si dice pure prima di andare a dormire.

Inizio la mia passeggiata nella notte. Una volta tanto riesco a non perdere la strada. Mi volto e vedo la luce della sua torcia alcune centinaia di metri piu' indietro.

Qualche minuto piu' tardi la luce e' ancora alla stessa distanza, ma molto piu' debole.

Se fossi a Milano non ci penserei un attimo. Tirerei dritto. Qui pero' tutti si prendono cura di tutti: che sia la bottiglia d'acqua in una giornata particolarmente calda o un scatola di cerotti dopo una marcia particolarmente faticosa, i pellegrini hanno la piacevole abitudine di aiutarsi a vicenda.

Mi fermo e l'aspetto. Quando mi raggiunge la sua torcia illumina meno di una candelina su una torta di compleanno. Le si legge in faccia un certo sollievo. Ancora qualche minuto e non sarebbe piu' riuscita a fare un passo.

"Ti spiace se accendo una sigaretta?". "Fa pure, non c'e' problema".

Anche lei va in giro con i sandali, ma senza calze. "Vengo dalla Danimarca, per me fa caldo". Per me, e per il termometro, fa ufficialmente freddo: ci sono meno di 10 gradi.

Comincia il solito giro di domande. Chi sei? Da dove vieni? Fin dove andrai oggi? Le conversazioni tra pellegrini, all'inizio, sono sempre un po' banali, come tra adolescenti al ballo della scuola.

Lei si accende un'altra sigaretta. Per scaldarsi. E perche' le piace. Le piace anche camminare quando c'e' ancora buio: le sembra di poter toccare le stelle. "Anche nel mio paesino si vedono, ma qua di piu'".

E' piacevole parlare con lei. Fino a qualche anno fa faceva la maestra. Alle elementari. Insegnava danese e matematica. "Non ti mancano i bambini?". "Quelle piccole pesti? Neanche un po'. Ne ho visti troppi. E poi, quando una fase della tua vita si chiude e' chiusa per sempre e devi passare alla successiva".

Attraversiamo paesi ancora immersi nel sonno e lei non ha fatto colazione. Le offro una delle mie girelle al cioccolato.

"Devo imparare a fare provviste pure io. Il cammino e' come il primo figlio: impari mentre vai avanti". "Allora andra' meglio quando ci tornerai". "Gia', non sai come e' stato facile col mio secondogenito".

Finalmente sorge il sole e possiamo guardarci in faccia. Finora siamo stati solo due voci nella notte.

Parliamo dell'albergue che abbiamo lasciato. Io mi lamento perche' una signora ha decretato il coprifuoco prima delle nove costringendomi a fare lo zaino al buio. Lei mi dice che nella sua stanza c'e' stato uno che ha impacchettato roba per mezz'ora. "In che stanza eri, scusa?". "La numero uno". "Quello che ha imbustato per mezz'ora sono io". "Allora io devo essere la stronza che ha spento la luce. Piacere, mi chiamo Annah".


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