Va bene, lo ammetto. Hanno ragione loro: hippie, ambientalisti, abbracciatori di alberi e adoratori di creature silvane assortite.
Uscendo da Leon, il cammino autentico fa veramente pena. Chilometri e chilometri di pista, senza altra distrazione se non la conta di macchine, camion e pullman (a milioni). Va bene che la via piu' breve via due punti non e' l'arabesco ma a tutto c'e' un limite, anche all'elogio della linea retta.
La deviazione nei campi, dopo il ponte di Hospital de Obrigo, invece, e' meravigliosa (anche il ponte e' molto bello). E' vero, si allunga un po', e bisogna salire su inutili colline, ma almeno il paesaggio cambia, ci sono gli alberi e, ogni tanto, pure una folata di vento.
L'arrivo a Astorga e' emozionante. Prima il sentiero in terra rossa (sembra di essere tornati in Rioja). Poi il poggio da cui si vede la citta' per la prima volta (chi si e' fermato all'ashram qualche chilometro prima potrebbe avere anche visioni di altro genere... le gioie del cammino!). La discesa quasi a precipizio e la cattedrale che si avvicina fanno dimenticare la fatica (nonostante la passerella multipiano pensata solo per fiaccare l'animo del pellegrino: serve a scavalcare un binario di ferrovia su cui, forse, passa un carro bestiame alla settimana).
E un attimo prima di arrivare a destinazione, ecco il palazzo arcivescovale di Gaudi', il padre di tutte le archistar: cripta, castello e abbazia tutto in uno (lo so, andare da un Gaudi' all'altro e' una fantasia malata: ognuno ha le sue perversioni).
Alla fine, anche oggi, sono stati cinquanta chilometri. Che poi in realta' sono sempre di piu'. Ogni volta, fatta la doccia, lavati i vestiti e provveduto agli interventi sanitari del caso, non e' che ci si stenda in branda mentre sei maschioni in perizoma ti massaggiano da capo a piedi. No, c'e' da uscire, correre a vedere chiese, musei e monumenti, fare provviste, pensare alla cena, camminare, camminare e ancora camminare...
Domani montagna.
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