giovedì 24 settembre 2015

A tale of two cities (da Bilbao a Santiago passando per Oviedo)


"Era il tempo migliore e il tempo peggiore. Era la stagione della saggezza e la stagione della follia. Era l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità. Era il periodo della luce e il periodo delle tenebre. Era la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi. Eravamo tutti diretti in Paradiso, ed eravamo tutti diretti da quell’altra parte..."
[Charles Dickens]

La Isla, 13 settembre 2015.

Me ne sto comodamente seduto a fare la cacca. Fare la cacca è, per definizione, un'esperienza liberatoria. Nel cubicolo accanto al mio, £ukasz sta facendo la doccia. Chiacchieriamo attraverso il muro di cartongesso che non arriva al soffitto. Anche nella doccia, nello scrostarsi di dosso il fango accumulato nel corso della giornata, c'è qualcosa di liberatorio. Subito fuori, nell'antibagno, Mogens si dedica al bucato. Non so se qualcuno trovi il bucato liberatorio. Io lo considero un'attività rilassante. La conversazione si anima. Il triangolo cacca-doccia-bucato si riempie di parole. Diciamo tutto quello che ci passa per la testa. Senza filtri. Commento che il momento è perfetto, peccato solo che Andrej non sia qui, con noi. "Guarda che io ci sono". La voce cavernosa arriva da un angolo imprecisato del bagno. Scoppia una risata collettiva (liberatoria, si intende). Tipico comportamento alla Andrej, restare in silenzio e mimetizzarsi con l'ambiente circostante. Se mi sbrigo a uscire da qui forse riesco a vederlo mentre si ritrasforma da parete piastrellata in essere umano.

"Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi"
[Albert Einstein]

Sono di nuovo in cammino. Ho ripreso da dove mi ero fermato, da Portugalete. Per spiegare il perché ci vorrebbe troppo tempo. Prima o poi scriverò un post al riguardo. È più interessante il come, almeno credo. Questa volta ho deciso che si cambia. Cosa? Non lo so, qualsiasi cosa, sto improvvisando. Qualche giorno fa, per esempio, mi sono seduto in tre bar diversi, come faceva Super sul Primitivo.  È stato divertente. Mi sono astenuto dall'aggiornare l'inutile blog e dal guardare la posta elettronica. Ho cominciato a collezionare timbri: la mia credenziali, adesso, è tutta pasticciata. Un paio di volte ho smesso di camminare prima delle due. Prestissimo. Una cosa contraria alla mia religione. Ho passato una notte in un ostello per surfisti. Costava un botto, faceva schifo e mentre arrancavo al buio cercando l'uscita mi si è pure disintegrato lo schermo dello smartcoso. Però non ho fatto un plissé. (Nota a margine, in queste condizioni, non so se e per quanto l'oggetto continuerà a funzionare).

L'esperimento più significativo è stato il gruppo. Per diciassette giorni, tra Bilbao e Santiago, ho avuto dei compagni di viaggio. Viaggiare con qualcuno era una delle cose che mi ero ripromesso di fare.

"Il simile conosce il simile"
[Empedocle]

Ci siamo trovati in un ostello dimenticato da Dio e dagli uomini sul ciglio di una statale basca. Non c'era l'acqua calda. E nemmeno un fornello per prepararsi da mangiare. Fin qui tutto nella norma, o quasi. Il fatto singolare era che io, £ukasz e Mogens in quel posto c'eravamo arrivati partendo da casa.

"Una mattina sono uscito e ho cominciato a camminare". Io da Milano, con qualche interruzione. Loro senza mai fermarsi. £ukasz da Varsavia. Mogens da un paese impronunciabile al centro della Danimarca. Messi insieme, potevamo vantare settemila chilometri di strada, chilometro più, chilometro meno. Andrej, invece, era partito da Irún. È vero: non una grande distanza, ma percorsa in un tempo record. E poi aveva già all'attivo il cammino francese e quello portoghese. Ci è sembrato matto abbastanza.

Insieme abbiamo percorso quasi seicento chilometri. Più della metà in compagnia di Mira, la piccola del gruppo. Ma si può chiamare piccola una ragazza che a vent'anni ha già fatto la volontaria in Ghana ed è stata convertita all'islam contro la sua volontà?

Sono stati giorni fantastici e frenetici. Di giorno camminavamo in formazione "a diamante". Gli altri seguivano le frecce. Noi seguivano Theandrew, il pellegrino-robot col gps incorporato. Gli altri facevano tappe semplici, noi le doppie o le varianti. La sera cucinavamo, mangiavamo, cantavamo, suonavamo l'ukulele. La notte qualcuno dormiva e qualcuno si amava.

Ci siamo separati (io sono andato a Oviedo, £ukasz si è infilato come un proiettile su per le montagne del Cammino Primitivo, Mira ha giocato alle giovani marmotte con la tenda del Lidl sotto il diluvio universale) e ci siamo ritrovati.

Ci siamo raccontati viaggi, vite, sogni e ambizioni. Libri, film e pezzi di storia. Usi, costumi, ricette e tradizioni. Segreti del mestiere e assolute banalità. Ci siamo spinti a vicenda. Abbiamo attraversato spiagge e aggredito montagne. Ci siamo inzuppati sotto la stessa pioggia, abbrustoliti sotto lo stesso sole, congelati davanti alle stesse stelle. Abbiamo imparato a rispettare i limiti di ciascuno e a prevederne i desideri. È stato impegnativo. A tratti fastidioso. Ma me è valsa la pena. Tra domani e dopo arriveremo tutti a Santiago. Poi ognuno andrà per la sua strada. Non so se un giorno diventeremo amici, ma passare tutto questo tempo insieme e condividere così tante sfide e pensieri è stato bello, utile e divertente.

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