mercoledì 26 settembre 2012
martedì 25 settembre 2012
lunedì 24 settembre 2012
Ostinazione
"Buenos días, si ricorda di me?"
"Certo, sei l'italiano loco che ieri ha divorato tutto".
"Vorrei del pulpo".
"Siediti".
"Tre porzioni. Una la mangio subito e due le porto via, in Italia".
"Lo siento, non abbiamo nulla per portar via".
"No hay problema! Prima di venire sono passato in un negozio e ho comprato questo tupperware. L'ho anche gia' lavato, e' pulito".
"Si pero' il pulpo non te lo vendo da portar via. Ho paura che vada a male".
"No hay problema! Al seminario menor abbiamo il frigo".
"E quando esci dal seminario e prendi l'aereo come fai?".
"No hay problema! Le vede queste scatole? Ghiaccio istantaneo, meno otto gradi garantiti. Appena prese in farmacia".
"E quello scatolone enorme?".
"Cinque chili di torte di Santiago, per quando mi vedo con gli amici".
"Suppongo tu abbia un piano anche per quelle".
"Si'".
"Accomodati. Ti preparo il pulpo".
Da oggi la premiata pulperia Os Concheiros della signora Elida Rodeiro Eiras al civico 2 di Cruce de los Concheiros effettua il servizio take away. Se vi fanno storie dite che vi mando io.
Archistar a Santiago
Peter Eisenman. Cidade da Cultura de Galicia.
Un misto tra Hadid, Piano e Ghery.
Una cattedrale deserta: a parte i dipendenti del governo locale, ci sono solo io.
domenica 23 settembre 2012
21 + 2) Il pullman
Dopo ventidue giorni di mobilita' lenta, salire su un pullman e' uno shock culturale: come passare dalle Superga alle Nike Air.
Ieri notte siamo rimasti tutti in piedi fino a tardi, bevendo te', chiacchierando, aggiornando i diari, mangiando biscotti e facendo qualsiasi cosa ci avrebbe costretto a dormire fino a tardi questa mattina.
Inutile: alle sei vagavamo per l'ostello come zombie, tutti gia' in astinenza da cammino.
In un ultimo, disperato tentativo di resistenza civile, il titolare del presente blog e' uscito in cerca delle frecce per Hospital. Ha trovato solo secchiate d'acqua e ha vagato per il paese finche' non e' arrivata l'ora di raggiungere gli altri alla fermata davanti al porto.
C'e' un'altra Spagna fuori dal cammino. Ci sono strade trafficate che attraversano paesi apparentemente non disabitati. E' come se per tutto questo tempo ci avessero tenuti lontani dal mondo reale. Gliene saremo per sempre grati.
Per il resto, e' stata una giornata di musei (gli unici due aperti: figurarsi se in Spagna c'e' qualcosa di non chiuso la domenica), cattedrale (altro passaggio sotto il botafumeiro e grandi abbracci con pellegrini incontrati nelle settimane passate) e di idee bislacche, quelle che uno, giustamente, si tiene per la fine del viaggio. La richiesta di asilo al parador (per i pellegrini esiste un'apposita sala da pranzo piccola piccola), la corsa sotto la pioggia (ognuno ha il suo modo per conoscere le citta', il mio e' questo), la scorpacciata gaelica (costata quanto una pizzaa Milano).
Pioggia e vento scatenati. Fuori dal Seminario Minore i vigili del fuoco recuperavano antenne cadute e rami staccati dagli alberi.
L'ultima cena
"Cosa le porto?".
"Tutto quello che c'e' sul menu, tranne il vino".
Ovvero:
Pulpo (polipo, con abbondante peperoncino).
Jamón asado (prosciutto arrosto).
Zorza (maiale con aglio, e abbondante peperoncino).
Patatas fritas.
Oreja (orecchie di maiale, dolcissime, anche loro con peperoncino).
Pimientos de Padrón (peperoncini verdi fritti, con sale grosso).
Tarta de Santiago (con mandorle, zucchero e uova).
Seconda fetta di tarta, con un grande bicchiere di latte freddo.
Ci vuole passione
Me le sono portate dietro per un mese. A Santiago piove e tira un vento pazzesco. Io vado a correre.
View Running in Santiago in a larger map
Pietà per il pellegrino
Questo e' l'Hostal dos Reis Catolicos. Un tempo accoglieva i pellegrini giunti a Santiago. Chiunque superasse le catene poste davanti all'ingresso era salvo: veniva accolto, sfamato, protetto. Era il diritto di asilo e nessuno poteva violarlo. Nemmeno i soldati del re.
Oggi e' un parador, un albergo a cinque stelle. Ma la tradizione rimane. I primi dieci pellegrini che bussano a questa porta ricevono un pasto caldo. Fuori piove. Io sto per ricevere asilo.
sabato 22 settembre 2012
Segnali
Nell'ultima mezz'ora:
1) Su Muxia si e' rovesciata cosi' tanta acqua che sembrava di stare alle prove tecniche dell'apocalisse.
2) Mi sono schiantato contro una parete di cristallo pensando fosse una porta aperta (terzo incidente dopo l'ustione da frittura ad Astorga e la testata contro la trave della stalla ad Oliveiroa).
3) I miei vestiti puliti hanno cominciato a profumare di roquefort.
4) La mia torcia ha smesso di funzionare.
Forse qualcuno sta cercando di comunicarmi qualcosa.
21 + 1) Finisterre - Muxía
La fine del mondo c'era piaciuta.
Va bene, non era come l'avevamo sognata. Non c'era il mare in tempesta. Il sole non era rosso come il sangue. E non c'erano schiere di demoni pronte ad aggredire i dannati. Ma c'era piaciuta lo stesso.
C'era piaciuto stare seduti sotto il faro e guardare l'orizzonte.
C'era piaciuto anche camminare lungo la strada ormai buia, e raccontarci come eravamo arrivati fin la'.
Ma non eravamo soli. C'erano troppe persone. Estranei. Turisti. Gente che non poteva capire. E il paese era troppo grande, troppo rumoroso, troppo distratto per accorgersi di noi.
Avevamo bisogno di una conclusione diversa. Piu' intima. Avevamo bisogno di Muxia.
E cosi' siamo partiti. Di nuovo. Verso nord. Al buio. Con i cani che giravano liberi per strade e sentieri e non avevano l'aria di essere proprio mansueti.
Il panorama lungo il cammino e' selvaggio: a sinistra la Costa de la Muerte, a destra le colline coperte di boschi.
Muxia e' attraente come un avamposto di pescatori norvegesi. Le case sono squadrate, come nei disegni dei bambini. I muri, per lo piu', sono rivestiti di lamiera ondulata dipinta di colori accesi: rosso, giallo, verde, blu.
In fondo alla penisola ci sono il santuario dedicato alla Vergine della Barca e il Monte Corpino, uno spuntone di roccia spazzato dal vento. Un vento incessante che cerca sempre di buttarti giu'.
Forse e' il posto che cercavamo.
Una drammatica verità
Il cammino e' peggio dello slim-fast. Devo tornare in palestra.
Il tuffo
E con questa le ho fatte tutte. Pure il tuffo nell'Atlantico a nord delle Alpi il primo giorno d'autunno.
Muxìa e' la nuova Finisterre
Da quando la taglia trentotto e' diventata la nuova quaranta e la trentasei la trentotto, anche Muxìa e' diventata la nuova Finisterre.
L'autobus puo' attendere. Questa notte mi fermo qui. E adesso vado a tuffarmi nell'atlantico prima che mi passi il coraggio.
Fermata d'autobus
C'e' un bus che mi aspetta. La fermata e' a 30 chilometri da qui. Ha ragione Aitor: il Cammino non finisce mai.
venerdì 21 settembre 2012
La fine del viaggio
Abbiamo inseguito il sole fino alla fine del mondo e ci ripaga con un tramonto strano, fatto solo di riflessi tra le nuvole e l'acqua.
Il mio viaggio finisce qui. E' stato un viaggio perfetto. Ho fatto tutto cio' che volevo fare e ho visto tutto cio' che volevo vedere. Ho incontrato centinaia di persone e ho ascoltato decine di storie. Di tutti i cammini possibili, il mio doveva essere cosi': intenso e a passo di carica. E' successo per caso, perche' il corpo ogni mattina si svegliava con la voglia di andare e la testa con quella di seguirlo. Sono stato fortunato. Non mi sono mai fatto male e il fisico ha retto. Il clima e' stato gentile. Ha fatto caldo, ma mai troppo caldo. E ha fatto freddo, ma mai troppo freddo. Ho visto la pioggia per mezz'ora soltanto, e quando ormai avevo un tetto sulla testa. Ho camminato da Saint Jean a Finisterre. Ma, soprattutto, sono andato da Jason ad Aitor, passando per Annah, Brutus, Li, Katie, Pietro, Maria e tanti altri.
Ero partito con l'idea che ci sarebbe voluto un mese. Sono bastate tre settimane. Negli ultimi giorni ho coltivato piani folli: tornare a Leon e ricominciare, scendere fino a Porto e risalire lungo la via portoghese, fare il cammino del norte. Alla fine ho deciso di accontentarmi e tornare a casa prima del previsto. Un giorno, magari, tornero' camminare su queste strade. Per adesso va bene cosi'.
Nell'albergue di Finisterre hanno appena staccato la luce. E' ora di andare a dormire. Domani mattina ci dovremo inventare qualcosa da fare...